lunedì 22 marzo 2010

Verdure in gravidanza per ridurre il rischio che il nascituro sia diabetico

Le donne in dolce attesa devono prestare particolare attenzione alla loro dieta abituale, e non soltanto per non metter su troppi chili ma anche per garantire al feto tutti i nutrimenti di cui ha bisogno.

Lo conferma una recente ricerca condotta presso la Sahlgrenska Academy in collaborazione con la Linköping University e pubblicata su Pediatric Diabetes.

Gli studiosi hanno analizzato campioni di sangue di 6.000 bambini di sei anni di età per individuare una eventuale predisposizione al diabete di tipo 1 (in tal caso i globuli bianchi attaccano le cellule pancreatiche che producono insulina).

Il 3% dell’intero campione è risultato essere diabetico e i ricercatori hanno, così, potuto dimostrare che il rischio di diventare diabetico risultava doppio in quei bambini la cui mamma, durante la gravidanza, aveva consumato poche verdure.

I figli di donne che avevano mangiato verdura ogni giorno, invece, risultavano avere i rischi più bassi.

Hilde Brekke, a capo della ricerca, ha chiarito che questo studio non dimostra inequivocabilmente che le verdure svolgano un’azione preventiva ma certamente rappresenta un primo passo per capire in che modo lo stile di vita e quello alimentare della futura madre incidano sullo sviluppo del feto.

Diabete familiare: screening HbA1c non efficiente



La maggior parte dei pazienti che sviluppano diabete di tipo1 nelle famiglie in cui la malattia è presente non ha sintomi e non presenta anomalie allo screening di base al momento della diagnosi: questi soggetti infatti, pur risultando positivi all'analisi del DPT-1, all'inizio della malattia sono asintomatici ed hanno valori normali di glicemia a digiuno ed HbA1c. Ciò suggerisce che lo screening intermittente dei parenti ad alto rischio di soggetti con diabete di tipo 1 potrebbe consentire la diagnosi del diabete prima che intervengano gravi scompensi metabolici: il solo screening dell'HbA1c porterebbe ad un elevato numero di falsi negativi. (Diabetes Care 2009; 32: 769-73)

CELLULE STAMINALI: CHE COSA SONO, A COSA SERVONO, POSSIBILI APPLICAZIONI


CELLULE STAMINALI: CHE COSA SONO, A COSA SERVONO, POSSIBILI APPLICAZIONI




Che cosa sono le cellule staminali?



Le cellule staminali sono cellule dotate di peculiari caratteristiche che le distinguono da altri tipi cellulari.

Esse sono capaci di proliferare indefinitamente mantenendosi in uno stato indifferenziato: possono dunque affrontare numerose duplicazioni senza dare segno di invecchiamento o differenziamento. Questa proprietà va sotto il nome di self-renewal o auto-rinnovamento e viene altrimenti definita come la capacità di generare cellule con le medesime caratteristiche della cellula madre ad ogni duplicazione cellulare.

Inoltre, le cellule staminali posseggono una grande plasticità differenziativa, ovvero sono in grado di dare luogo a numerosi tipi cellulari diversi qualora vengano indotte a differenziarsi.

Nell’adulto le cellule staminali permettono il rinnovamento fisiologico dei tessuti stabili e labili e la rigenerazione dei tessuti danneggiati.





Fonti e caratteristiche delle cellule staminali



Dal punto di vista della plasticità differenziativa le cellule staminali si distinguono in:



Totipotenti, cellule in grado di dare luogo a tutti i tessuti di un individuo e agli annessi embrionali (trofoblasto e placenta). Sono da considerarsi totipotenti solo lo zigote e gli otto blastomeri derivanti dalle sue tre successive divisioni.

Pluripotenti, cellule in grado di dare luogo a tutti i tessuti di un individuo ma non agli annessi embrionali. Sono pluripotenti le cellule della massa interna della blastocisti, rivestita dal trofoblasto, dette anche Cellule Staminali Embrionali.

Multipotenti, cellule maggiormente differenziate rispetto alle precedenti, sono in grado di dare luogo a tutti i tipi cellulari del tessuto di appartenenza. Tipicamente vengono considerate multipotenti le cellule staminali dell’adulto.





Cellule Staminali Embrionali Umane (hESC): si trovano nella massa interna della blastocisti (embrione del IV-V giorno) in numero di circa 30 cellule.

Posseggono una estrema plasticità differenziativa (pluripotenza): infatti possono dare luogo a tutti i tessuti di un individuo ma non agli annessi embrionali. In vitro mostrano una capacità replicativa illimitata senza evidenziare segni di differenzimento (sono state propagate per due anni in vitro). Inoltre, se coltivate in vitro su piastre opportunamente trattate, esse danno luogo a corpi embrioidi, aggregati sferoidali in seno ai quali le cellule cominciano dopo alcuni giorni a differenziarsi spontaneamente in linee cellulari appartenenti ai tre foglietti embrionali (ectoderma, mesoderma ed endoderma).

Presentano un’elevata espressione del fattore trascrizionale Oct-4, dimostrato essere cruciale per il mantenimento proprio della “staminalità”.

Trascorrono la maggior parte della loro vita in fase S, mancando del checkpoint di fase G1. Non mostrano inattivazione del cromosoma X.



Cellule Germinali Embrionali Umane (hESG): sono cellule precursori dei gameti e derivano dalle Cellule Germinali Primordiali (PGE) che si ritrovano nella cresta germinale dell’embrione a partire dalla IV settimana. Se coltivate in vitro, analogamente a quanto avviene per le hESC, danno luogo a corpi embrioidi.



Sembra che il loro potenziale re plicativo sia inferiore a quello delle ESC (70-80 duplicazioni), ovvero siano meno clonogeniche: questo sarebbe da ascrivere al fatto che le ESG sono cellule maggiormente differenziate rispetto alle ESC.

Esprimono AP, SSEA-1, SSEA-4, TRA-1-60, TRA-1-81 e presentano inoltre espressione del fattore trascrizionale Oct-4.



Cellule Staminali dell’Adulto: a partire dallo sviluppo post-embrionico e durante la normale vita di un organismo, alcuni tessuti del corpo necessitano di un continuo rinnovamento per bilanciare la perdita di cellule che avviene naturalmente. Il ricambio cellulare e il conseguente equilibrio tra cellule morte e cellule vive va sotto il nome di omeostasi tissutale.

È opinione comune che tale omeostasi sia sostenuta dalle Cellule Staminali dell’Adulto. Vi sono diversi tipi di queste cellule che intervengono nel turnover di tessuti differenti, e le più caratterizzate sono le Cellule Staminali Emopoietiche (HSC): queste risiedono nel midollo osseo in particolari zone denominate “nicchie” (1-2% della popolazione midollare) e si ritrovano anche nel sangue periferico (0,05% delle cellule del sangue periferico).

Esprimono le molecole CD133 e CD34: CD133 è una glicoproteina a 5 domini transmembranari, il cui ligando e la cui funzione non sono ancora stati individuati. CD34 è una glicoproteina transmembranaria a singola catena di 110kDa, espressa da progenitori emopoietici sia della linea linfoide che di quella mieloide. CD34 è inoltre espresso dalle cellule endoteliali.

Le HSC possono differenziarsi in tutti i tipi cellulari del sistema emopoietico ma non è ancora chiaro se la loro capacità differenziativa sia limitata a questo tessuto o se esse possano anche dare luogo a tipi cellulari di tessuti differenti. Pertanto queste cellule vengono definite come pluripotenti.

Sono già da diversi anni utilizzate in clinica nell’ambito dei cosiddetti trapianti di midollo osseo, oggi chiamati anche “infusione di cellule staminali”. Tale tipo di trapianto fu effettuato per la prima volta nel 1956 da Donnall Thomas e Joseph Murray (premi Nobel per la Medicina nel 1990) in un malato di leucemia, che a seguito del trattamento guarì.

Le cellule staminali possono essere ottenute da midollo osseo o da sangue periferico dopo mobilizzazione del sangue con G-CSF e successiva selezione immunomagnetica. Le cellule sono poi espanse ex-vivo in modo da ottenerne un numero sufficiente per il trapianto (2x106cellule per kg di peso del paziente).

È largamente dimostrato che le Cellule Staminali Mesenchimali (MSC) posseggono un potenziale differenziativo notevole. Queste cellule sono di origine midollare, ma si ritrovano anche nel tessuto adiposo e in altri tessuti. Nel midollo osseo svolgono un importante ruolo come cellule della nicchia ematopoietica. Crescono in adesione, in vitro, assumendo una forma fusata, simile a quella dei fibroblasti, o con ramificazioni ed esprimono una specifica combinazione di molecole di adesione quali CD29, CD44, CD105, CD166, ed altri. Non esprimono invece marker propri delle cellule emopoietiche. Possono differenziarsi in diversi lineages cellulari in vitro come osteociti, adipociti, cellule muscolari, condrociti.

Inoltre, le Cellule Staminali Mesenchimali posseggono una spiccata attività immunosoppressiva nei confronti dei linfociti T, proprietà che le rende interessanti dal punto di vista clinico nell’ambito dei trapianti: si pensa infatti che queste cellule possano essere utili per evitare il fenomeno del Graft Versus Host Disease (GVHD) – ovvero l’aggressione dei linfociti T del donatore nei confronti del ricevente – che spesso si verifica nei casi di trapianto allogenico.

Studi condotti in modelli sperimentali di danno al miocardio hanno dimostrato che le MSC sono capaci di migliorare la sopravvivenza degli animali in cui erano state inoculate rispetto ai controlli non trattati. Sono in corso diverse ricerche per comprendere il potenziale terapeutico di queste cellule nell’uomo.



Da: “Stem Cell Research and Application: Monitoring the Frontiers of Biomedical Research”

American Association for the Advancement of Science and Institute for Civil Society

giovedì 18 marzo 2010

USA - Staminali. Ringiovanite cellule umane

USA - Staminali. Ringiovanite cellule umane
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Notizia
17 marzo 2010 20:23

Per la prima volta sono state ringiovanite delle cellule umane: si tratta delle cellule adulte rese staminali grazie a un cocktail di geni (chiamate Staminali Pluripotenti Indotte, Ips) e che hanno la caratteristica di invecchiare molto rapidamente. Il risultato, pubblicato sulla rivista Regenerative Medicine, secondo gli esperti potrebbe portare a future terapie anti-invecchiamento.
Autore dello studio e' un gruppo statunitense del quale fanno parte universita' (Ontario Cancer Institute, Burnham Institute for Medical Research and The Scripps Research Institute) e centri di ricerca privati (Biotime, Mandala Biosciences e Sierra Sciences). Il risultato, osservano i ricercatori, 'potrebbe permettere di far regredire il processo di invecchiamento nelle cellule umane per il loro uso nella medicina rigenerativa'. Per il coordinatore dello studio, il presidente della Biotime Michael D. West, 'e' l'inizio di nuove possibilita' di intervenire nelle malattie collegate all'eta'. Siamo convinti che queste tecnologie avranno un impatto significativo sul futuro della medicina, anche se c'e' ancora molto lavoro da fare per tradurre questa scoperta in terapie efficaci e sicure'.
Sebbene siano sotto molti aspetti simili alle cellule staminali embrionali, le staminali indotte sembrano invecchiare prematuramente: un problema che e' visto da molti esperti come il tallone di Achille nella possibilita' di utilizzare queste cellule. Per comprendere le cause di questo fenomeno i ricercatori hanno osservato che cosa accade nei telomeri, ossia nelle strutture che si trovano alle estremita' dei cromosomi e che sono il termometro dell'invecchiamento perche' si accorciano ogni volta che la cellula si riproduce. Hanno confrontato il comportamento dei telomeri in alcune linee di cellule staminali embrionali e in sei linee di cellule Ips derivate dalle prime.
Mentre nella maggior parte delle cellule Ips i telomeri si accorciavano con il ritmo veloce osservato in cellule di questo tipo, nella sesta linea i telomeri si conservavano notevolmente piu' a lungo (oltre 60 giorni) rispetto a quelli delle staminali embrionali. Cio' significa, osservano i ricercatori, che 'cellule differenziate e invecchiate possono diventare giovani'.

USA - Staminali. Le code dei topi ricrescono

USA - Staminali. Le code dei topi ricrescono
Anche ai topi, se viene tolta la coda, un giorno potrebbe crescerne una nuova come alle lucertole. Ma questo e' possibile anche togliendogli solo un gene, il 'p21': spegnendolo, infatti, i ratti con tessuti danneggiati riparano la ferita senza cicatrici.
E' quanto dimostrato dai ricercatori del Wistar Institute di Filadelfia diretti da Ellen Heber-Katz. Gli esperti hanno visto che, mettendo 'ko' il gene p21, topi con ferite possono rigenerare nuovo tessuto non cicatriziale, indicando la possibilita' di ricreare tessuti lesi e guarire ferite in poco tempo senza cicatrici.
Lo studio e' stato riportato sui Proceedings of the National Academy of Sciences.
Proprieta' rigenerative notevoli sono note solo per animali meno evoluti dei mammiferi, quindi invertebrati e vertebrati come gli anfibi, per esempio salamandre e lucertole. E' noto che se la salamandra perde la coda puo' riformarla. Ma per un topo una capacita' simile sembra non esistere.
Invece i ricercatori americani si sono accorti casualmente studiando topi di laboratorio con ferite (veri e propri buchi) alle orecchie che alcuni di essi erano capaci nel giro di poco tempo di 'chiudere i buchi' mostrando un orecchio sano e senza segni. Indagando a fondo i topi dalle misteriose capacita', gli scienziati si sono accorti che questi roditori erano privi del gene p21. A cio' corrispondeva la capacita' delle cellule a livello della lesione di rigenerarsi spontaneamente, grazie all'entrata in azione di cellule staminali, riformando appunto tessuto sano non cicatriziale.
Lo studio approfondito del p21 e del suo funzionamento potrebbe aprire dunque nuove strade per la rigenerazione di tessuti malati.

USA - Staminali. California pronta a finanziare fasi più difficili sperimentazione clinica

USA - Staminali. California pronta a finanziare fasi più difficili sperimentazione clinica


12 marzo 2010 12:18



Il California Institute for Regenerative Medicine (Cirm), la commissione statale che assegna i 3 miliardi di dollari che i californiani hanno destinato alla ricerca sulle staminali con un referendum, ha approvato una proposta di finanziamento per lo sviluppo di nuove terapie a base di staminali.

La proposta prevede che il Cirm finanzi le sperimentazioni cliniche agli stadi iniziali e le attività di produzione di nuovi farmaci.

I centri di ricerca biotecnologica che testano le nuove terapie a base di staminali, hanno difficoltà ad ottenere finanziamenti da parte delle compagnie farmaceutiche e da altri privati a causa dei rischi insiti in un'area di ricerca nuova e ancora poco conosciuta. Lo scorso anno per la prima volta una società di ricerca, la Geron Corp. ha ricevuto il via libera dell'Agenzia del farmaco FDA per una sperimentazione clinica sugli umani. Ma la gran parte della scienza delle staminali è ancora alle prime fasi di sperimentazione.

"Il finanziamento delle sperimentazioni cliniche offre un sostegno fondamentale alle prime fase della ricerca clinica, la più difficile su cui ottenere finanziamenti privati", ha spiegato il presidente del Cirm, Robert Klein. Il bando sarà probabilmente pubblicato questa primavera. I candidati dovranno sottoporre i loro progetti di ricerca entro luglio per poter ottenere i fondi. La selezione sarà fatta da una commissione indipendente di esperti, che raccomanderà al Cirm i più meritevoli.